martedì 30 giugno 2020

Giuseppe Catozzella

GIUSEPPE CATOZZELLA

Ho scoperto Giuseppe Catozzella su Radio DeeJay un paio di anni fa; l’ho sentito mentre presentava il suo ultimo romanzo, E tu splendi.
Di lui mi incuriosì, prima ancora delle sue opere (che per altro dopo quell’intervista comprai), il suo modo di parlare tranquillo, quasi imbarazzato, ma diretto. La semplicità e la freschezza credo siano le sue caratteristiche principali e sono le stesse che mette nei suoi libri.
Grazie ai social sono riuscita anche a comunicare con lui; lo seguo, mi piace, il suo impegno per la causa degli immigrati è da lodare e fa di lui una persona speciale.
Il libro che lo ha reso celebre, Non dirmi che hai paura, è senza ombra di dubbio nella top ten dei romanzi contemporanei più belli che io abbia mai letto, uno di quei libri che farei leggere ai miei studenti se fossi una professoressa di italiano.
A parer mio, lui è davvero un grande della letteratura italiana contemporanea e non vedo l’ora di leggere il suo prossimo romanzo.
Conosciamolo meglio…




BREVE BIOGRAFIA

Giuseppe Catozzella nasce a Milano nel 1976.
Laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Milano, subito dopo la laurea lascia l’Italia per vivere a lungo a Sydney, in Australia, dove svolge diversi lavori.
Nel suo primo romanzo, Espianti (Transeuropa, 2008), sono molti i riferimenti alla sua vita in Australia.
Tornato in Italia, lavora per circa dieci anni come consulente editoriale per Arnolo Mondadori Editore e, per i cinque anni seguenti, come editor della narrativa italiana per Feltrinelli Editore.
Scrive su La Repubblica, L’Espresso, Vanity Fari e sull’inserto italiano del Financial Times, su Sette, Granta, Lo Straniero, Il Fatto Quotidiano.
Collabora come docente di letteratura italiana e di scrittura creativa presso la Scuola Holden, l’Università di Miami e la Seton Hall University di New York.

In Italia si fa conoscere nel 2011 quando pubblica il suo primo romanzo-inchiesta, Alveare (Rizzoli 2011 – Feltrinelli 2014), in cui racconta e rivela per la prima volta in maniera dettagliata la presenza decennale della ‘ndrangheta nel capoluogo lombardo. Da Alveare sono stati tratti molti spettacoli teatrali e il film L’assalto, prodotto da Rai Fiction.

Nel 2014 vince il Premio Strega Giovani ed è finalista al Premio Strega con il romanzo capolavoro Non dirmi che hai paura (Feltrinelli), che ha venduto in Italia più di 250.000 copie e nel mondo oltre 500.000. È stato paragonato ai capolavori mondiali della letteratura quali Il buio oltre la siepe, Se questo è un uomo, Il diario di Anna Frank.

Il romanzo narra in prima persona, con la voce della piccola protagonista, le vicende e la storia reale di un’atleta somala, una giovane che, dopo aver partecipato alle Olimpiadi di Pechino nel 2008, muore come migrante nel Mar Mediterraneo, nel tentativo di raggiungere l’Italia.
L’ONU nel 2014 ha dedicato alla memoria di Samia, e alla presenza dello scrittore, una corsa nella sua città di origina, Mogadiscio. In lavorazione il progetto di una trasposizione cinematografica della storia dell’atleta somala, Saamiya Yusuf Omar.

‘Non devi mai dire che hai paura, piccola Samia. Mai.
Altrimenti le cose di cui hai paura si credono grandi e pensano di poterti vincere.’


Giuseppe Catozzella è stato nominato dalle Nazioni Unite, Ambasciatore per l’Agenzia ONU per i Rifugiati per ‘aver fatto conoscere in tutto il mondo la storia di una migrante e, attraverso lei, di tutti i migranti’.



Nel 2016 pubblica Il grande Futuro (Feltrinelli); anche questo romanzo è premiato da pubblico e critica.
Amal nasce su un’isola in cui è guerra tra Esercito Regolare e Neri, soldati che in una mano impugnano il fucile e nell’altra il libro sacro. Da piccolo, una mina lo sventra in petto e ora Amal, che in arabo significa speranza, porta un cuore non suo. Amal e l’amico Ahmed vivono un’atmosfera sospesa, quasi fiabesca, che si rompe quando le tensioni che pesano sul villaggio dividono le loro strade. Rimasto solo, Amal chiede ancora una volta il conforto e la saggezza del mare e il mare gli dice che deve raggiungere l’Imam della Grande Moschea del Deserto, riempire il vuoto con un’educazione religiosa. Amal diventa preghiera, puro Islam, e resiste alla pressione dei reclutamenti. Resiste finché un’ombra misteriosa e derelitta riapre in lui una ferita profonda che lo strappa all’isolamento. Allora si lascia arruolare: la religione si colma di azione. Ma è proprio questo l’unico destino consentito? Qual è il bene promesso? L’avventura di vivere finisce davvero con la strage del nemico?


Nel 2018 pubblica il suo ultimo romanzo sempre con Feltrinelli, E tu splendi.
È la storia di un bambino, figlio di immigrati lucani a Milano, che trascorre un’estate a casa dei nonni in un paesino di cinquanta case di pietra sulle montagne della Basilicata, e trova nascosta all’interno dell’antica torre normanna una famiglia di sette stranieri, tra i quali un bambino di nome Josh. L’arrivo degli stranieri cambia per sempre la vita di una comunità che nei secoli ha conosciuto soltanto l’emigrazione. È un romanzo che mette in scena il razzismo e i meccanismi del rifiuto.








DICONO DI LUI

ERRI DE LUCA: ‘È questa la narrativa che saluto come finalmente capace di raccontare la più grande epopea del nostro tempo.’

ROBERTO SAVIANO: ‘Il grande futuro è un romanzo scritto come leggenda, come una fiaba, ma ha la potenza che soltanto le storie vere possiedono. È questo il potere immenso della letteratura: rendere comprensibile la complessità del mondo in cui viviamo’.

JOVANOTTI: ‘Il grande futuro è una bomba, Catozzella è uno scrittore bravissimo. In questo libro ci racconta una storia, prende il personaggio da piccolo e lo porta fino a quando diventa adulto, e noi lo vediamo che si allontana e ci rimane quel magone bello alla fine dei romanzi belli’.

GIAN PAOLO SERINO (critico letterario): ‘Il grande futuro è un capolavoro assoluto. Un romanzo così accade una volta ogni 50 anni.’

Che dire di più, uno scrittore tutto da scoprire!

www.giuseppecatozzella.it
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giovedì 25 giugno 2020

Lo pneumatico o il pneumatico?


LO PNEUMATICO O IL PNEUMATICO?


Sabato sera a cena con gli amici è uscita la parola pneumatico e la discussione si è subito accesa sull'utilizzo dell'articolo.

Secondo Paolo, che ha da poco messo le gomme estive alla macchina, si dice il pneumatico; Ivan, invece, medico radiologo, sostiene che si dica lo pneumatico, proprio come si dice lo pneumologo, termine che lui utilizza ogni giorno.

Chi ha ragione? Scopriamolo insieme.

La regola grammaticale parla chiaro.
In italiano gli articoli determinativi maschili singolari sono il, lo, l’, che diventano i e gli nella versione plurale.

L’articolo lo (gli al plurale) si usa davanti ai nomi che iniziano con:

·         s + consonante: lo sbaglio, lo stagno, lo sgabello, lo smalto;
·         z: lo zaino, lo zio, lo zero, lo zenzero;
·         x: lo xilofono, lo xenofobo;
·         gn: lo gnomo, lo gnocco;
·         i semiconsonantica: lo iodio, lo iato, lo yogurt, lo yeti, lo juventino;
·         sc: lo sceriffo, lo scialle, lo scoglio, lo scanner;
·         ps: lo psicologo, lo psicoterapeuta;
·         pn: lo pneumatico, lo pneumologo.


Quindi, per la grammatica italiana, la forma corretta è lo pneumatico, uno pneumatico, gli pneumatici, degli pneumatici.
Ma, nell’uso corrente e nel parlato comune, non tutti rispettano la grammatica e questo fa sì che, a lungo andare, le regole possano subire modifiche. E questo è proprio uno di quei casi.


L’articolo lo nell’italiano moderno ha un ruolo marginale, ma non è sempre stato così, infatti in tempi meno recenti lo prevaleva di gran lunga su il (‘Per lo libero ciel fan mille giri’ Giacomo Leopardi, Il passero solitario) che nella forma plurale diventava li (in Dante: “li spirti”, “li stornei”, “li occhi”). Oggi la formula li è pressoché scomparsa nella lingua italiana ad eccezione di un unico caso: la data (Ferrara, lì 25.06.2020).


Nel linguaggio corrente, quindi, l’uso dell’articolo lo davanti a pn è variabile; forse è dovuto al fatto che le parole che iniziano con pn sono per la maggior parte termini specialistici della medicina (lo pneumologo, lo pneumotorace, lo pneumococco, lo pneumocefalo, lo pneumografo, lo pneumopericardio).
Lo pneumatico è l’unica parola ad avere una diffusione nel linguaggio quotidiano ed è, pertanto, comprensibile che ci possa essere un’indecisione su quale articolo usare, portando a scegliere, nel parlato informale, l'articolo il, più comunemente usato per i nomi maschili.

Concludendo
Si può dire il pneumatico, i pneumatici in contesti informali, ma quando dobbiamo scrivere sarebbe preferibile utilizzare la forma prevista dalla regola generale, lo pneumatico, gli pneumatici.

È sulla stessa linea d’onda anche l’Accademia della Crusca che sostiene che il pneumatico, i pneumatici appartengano al linguaggio più familiare, mentre lo pneumatico, gli pneumatici siano forme tipiche di un italiano più sorvegliato. Niente, quindi, vieta di usare gli uni o gli altri anche se, nello scritto e negli usi più formali, si ritiene che siano più indicate le forme lo pneumatico, uno pneumatico, gli pneumatici, degli pneumatici.


CURIOSITA’ DAL WEB

Uso delle due versioni (anche all'interno della stessa frase) sul sito web delle maggiori case produttrici al mondo di pneumatici:













  









Fonti: Pubblicazioni di Elisabetta Perini - Pubblicazioni di Laila Cresta - Vocabolari della lingua italiana - Wikipedia - grammaticaitaliana.eu - Articoli vari.


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domenica 21 giugno 2020

Il rumore dei tuoi passi di Valentina D'Urbano



IL RUMORE DEI TUOI PASSI
Valentina D’Urbano



Editore: Longanesi (10.02.2012)
Collana:
Genere: Narrativa contemporanea
N° pagine: 319


In un luogo fatto di polvere, dove ogni cosa ha un soprannome, dove il quartiere in cui sono nati e cresciuti è chiamato "la Fortezza", Beatrice e Alfredo sono per tutti "i gemelli". I due però non hanno in comune il sangue, ma qualcosa di più profondo. A legarli è un'amicizia ruvida come l'intonaco sbrecciato dei palazzi in cui abitano, nata quando erano bambini e sopravvissuta a tutto ciò che di oscuro la vita può regalare. Un'amicizia che cresce con loro fino a diventare un amore selvaggio, graffiante come vetro spezzato, delicato e luminoso come un girasole. Un amore nato nonostante tutto e tutti, nonostante loro stessi per primi. Ma alle soglie dei vent'anni, la voce di Beatrice è stanca e strozzata. E il cuore fragile di Alfredo ha perso i suoi colori. Perché tutto sta per cambiare.


La mia opinione

Siamo all’inizio degli anni ’80, alla periferia di una grande città, in un quartiere chiamato la Fortezza.
Il libro, uscito qualche anno fa, racconta il degrado della periferia, dove non entra nemmeno la polizia; racconta di violenza domestica, di case occupate abusivamente, di giornate passate al bar senza far niente, di vite già perse. Luoghi dove si diventa grandi molto presto, dai quali si tenta di scappare, il più delle volte senza riuscirci.


Non voglio cucirmi addosso l’odore stantio degli androni bui, non voglio respirare la sporcizia di queste strade, non rimarrò qui a guardare questi palazzi bianchi infilzati dalle antenne abusive, con l’intonaco che si disfa, si sbriciola, cade a pezzi come certe vite. […] Lascerò indietro dei pezzi di me, e non raccoglierò nemmeno i cocci che perderò per strada.


La storia è raccontata in prima persona da Beatrice. Lei e Alfredo si conoscono fin da bambini, tutti li chiamano ‘i gemelli’, ‘perché a forza di stare insieme erano diventati identici, sputati, come due gocce d’acqua’. Mangiano insieme, dormono insieme, crescono e diventano grandi in fretta senza mai separarsi. Il loro è un legame indissolubile che resiste al tempo, alle violenze, al mondo che li circonda; resiste nonostante loro.


Io non avevo mai odiato nessuno come odiavo lui in quel momento. E non avevo mai amato nessuno come sentivo di amare lui in quell’istante.


La storia inizia dal suo epilogo; al lettore viene svelato fin dalle prime pagine quale sarà la conclusione di quel legame sporco e selvaggio, eppure purissimo e reale, che a vent’anni ti porta a essere già stanco della vita e con la sola voglia di scappare ovunque pur di andare più lontano possibile da lì.
Questo è un libro crudo e crudele, sincero e autentico. Una storia così non si inventa, devi averla vista passare davanti agli occhi. 
Molto brava Valentina D’urbano, che dopo un paio d’anni, è uscita con ‘Alfredo’, la stessa storia ma raccontata dalla prospettiva maschile dei ‘gemelli’; questa volta sarà lui a raccontare la sua versione dei fatti.
Due libri consigliatissimi; una penna schietta, da tenere d’occhio.
Buona lettura!



Pensai che forse anch’io ero così e che se non lo ero ancora lo sarei diventata. Un giorno mi sarei stufata. Un giorno mi sarebbe passata la voglia di prenderlo a calci per raddrizzarlo. Un giorno non me ne sarebbe fregato più niente, mi sarei rassegnata, e chiudendo gli occhi come facevano quelle persone che aspettavano, l’avrei lasciato andare.




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giovedì 18 giugno 2020

Unite o separate?


UNITE O SEPARATE?

In italiano esistono moltissime espressioni che si pronunciano come una sola parola, ma come si scrivono? Unite o separate?

Le regole da seguire sono diverse e non sempre facili da comprendere, perché a volte si scrivono unite, altre volte separate e, altre volte ancora, la lingua italiana le ammette sia nell'una che nell'altra forma.

Proviamo a capirne di più.

Tutti sanno (o dovrebbero sapere) che parole come a proposito, d’accordo, all’incirca, maggior parte si scrivono separate, anche se il suono nella pronuncia è percepito come unito: approposito, daccordo, allincirca, maggiorparte.

Il problema arriva con parole come senz’altro, l’altr’anno, d’altronde, per lo più o perlopiù, se non che o sennonchè, tutt’oggi, talora e tante altre ancora.

La situazione è senza dubbio articolata e la complessità della lingua italiana si fa sentire.
Ecco, quindi, tre tabelle riepilogative.
Queste sono da considerare indicazioni di massima, che possono subire modifiche con l’imporsi di una forma sull’altra. Gli stessi dizionari consultati hanno dato, a volte, risposte contrastanti.


VANNO SEMPRE SCRITTE SEPARATE

A fianco
A meno che
A posto
A proposito
Al di là
Al di sopra (Al disopra)
Al di sotto (Al disotto)
All’incirca
D’accordo
D’altronde
In quanto
L’altr’anno
Maggior parte
Per cui
Per lo più
Poc’anzi
Quant’altro
Senz’altro
Tra l’altro
Tutt’altro
Tutt’uno



VANNO SEMPRE SCRITTE UNITE

Abbastanza
Affatto
Allora
Allorché
Almeno
Altrimenti
Ancorché
Apposta
Appunto
Benché
Bensì
Chissà
Davanti
Davvero
Dinanzi, Dinnanzi
Dopodomani
Dovunque
Ebbene
Eppure
Fabbisogno
Finché
Finora
Giacché
Infatti
Inoltre
Invano
Invero
Laggiù
Malgrado
Nonché
Oppure
Ossia
Ovvero
Ovverosia
Perciò
Perfino
Pertanto
Poiché
Pressappoco
Quaggiù
Qualcosa
Qualora
Quassù
Sennonché
Seppure
Sicché
Siccome
Sissignore
Soprattutto
Sottosopra
Talora
Talvolta
Tuttavia
Tuttora



SI POSSONO SCRIVERE SIA UNITE CHE SEPARATE

Anzitutto
Anzi tutto (meno comune)
Casomai
Caso mai (meno comune)
Ciononostante
Ciò nonostante
Controvoglia
Contro voglia
Cosicché
Così che
Cosiddetto
Così detto
Cosiffatto
Così fatto
Dappertutto
Da per tutto
Dappoco (meno comune)
Da poco
Dappresso
Da presso
Dapprima
Da prima
Dapprincipio (meno comune)
Da principio
Difronte (meno comune)
Di fronte
Disotto (meno comune)
Di sotto
Dopotutto
Dopo tutto
Manodopera
Mano d’opera
Mezzora
Mezz’ora
Nondimeno
Non di meno
Nonostante
Non ostante (meno comune)
Oltremisura (meno comune)
Oltre misura
Oltremodo
Oltre modo
Peraltro
Per altro
Perlomeno
Per lo meno
Perlopiù
Per lo più
Quantomeno (meno comune)
Quanto meno
Quantopiù
Quanto più
Suppergiù
Su per giù
Tantomeno (meno comune)
Tanto meno
Tantopiù (meno comune)
Tanto più
Tuttalpiù (meno comune)
Tutt’al più


In alcuni casi la decisione se scriverle unite oppure separate è lasciata alla libera scelta; bisogna, però, tener conto che alcune versioni potrebbero essere considerate arcaiche, passate di moda, poco comuni o, in alcuni casi, del tutto ‘defunte’. Nulla vieta di usarle, ma attenzione perché potrebbero dare al testo scritto una cadenza arcaica e poco scorrevole.


Consiglio spassionato:

tenere il dizionario a portata di mano; in questi casi, è sempre la scelta migliore.


Fonti: Pubblicazioni di Elisabetta Perini - Pubblicazioni di Laila Cresta - Vocabolari della lingua italiana - Wikipedia - grammaticaitaliana.eu - Articoli vari.



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