venerdì 29 maggio 2020

Patria di Fernando Aramburu


PATRIA
Fernando Aramburu

19 Edizioni
Il caso editoriale spagnolo che è diventato un best sellers internazionale.


Editore: Guanda (28 agosto 2017)
Collana: Tascabili Guanda
Genere: Narrativa
N° pagine: 632



Due famiglie legate a doppio filo, quelle di Joxian e del Txato, cresciuti entrambi nello stesso paesino alle porte di San Sebastián, vicini di casa, inseparabili nelle serate all’osteria e nelle domeniche in bicicletta. E anche le loro mogli, Miren e Bittori, erano legate da una solida amicizia, così come i loro figli, compagni di giochi e di studi tra gli anni Settanta e Ottanta. Ma poi un evento tragico ha scavato un cratere nelle loro vite, spezzate per sempre in un prima e un dopo: il Txato, con la sua impresa di trasporti, è stato preso di mira dall’ETA, e dopo una serie di messaggi intimidatori a cui ha testardamente rifiutato di piegarsi, è caduto vittima di un attentato. Bittori se n’è andata, non riuscendo più a vivere nel posto in cui le hanno ammazzato il marito, il posto in cui la sua presenza non è più gradita, perché le vittime danno fastidio. Anche a quelli che un tempo si proclamavano amici. Anche a quei vicini di casa che sono forse i genitori, il fratello, la sorella di un assassino. Passano gli anni, ma Bittori non rinuncia a pretendere la verità e a farsi chiedere perdono, a cercare la via verso una riconciliazione necessaria non solo per lei, ma per tutte le persone coinvolte.

Con la forza della letteratura, Fernando Aramburu ha saputo raccontare una comunità lacerata, e allo stesso tempo scrivere una storia di gente comune, di affetti, di amicizie, di sentimenti feriti: un romanzo da accostare ai grandi modelli narrativi che hanno fatto dell’universo famiglia il fulcro morale, il centro vitale della loro trama.



La mia opinione

Ho acquistato questo libro su consiglio di un amico; la trama, le recensioni e l’enorme successo ottenuto in tutto il mondo mi hanno incuriosita.
Non sono rimasta delusa, la storia è molto bella. Siamo nel cuore dei paesi Baschi e siamo nel cuore di una rivoluzione per l’indipendenza portata avanti dall’ETA a suon di attentati. Due famiglie da anni legate da una amicizia profonda, interrotta dalla morte di uno dei capofamiglia proprio ad opera dell’ETA, alle cui richieste non aveva voluto piegarsi. L'attentato non potrà che generare una profonda spaccatura tra le due famiglie.



'Aspirò l'odore di legno vecchio, di aria fresca e di chiuso. E finalmente notò che la mano invisibile le liberava la gola. Chiave, serratura: entrò. Si imbatté in Xabier, molto più giovane, in corridoio, che le diceva con occhi pieni di lacrime, ama, non lasciamo che l'odio ci amareggi la vita, ci renda meschini, o qualcosa del genere, non lo ricordava più con esattezza. [...] Parole. Non c'è modo di togliersele di torno. Non ti lasciano stare mai veramente sola. Piaga di serpi moleste. Dovrebbe spalancare le finestre per far uscire in strada le parole, i lamenti, le vecchie conversazioni tristi intrappolate fra i tramezzi della casa disabitata.'


Lo stile narrativo è particolare: l’autore rompe gli schemi della punteggiatura, del discorso diretto, delle frasi pensate e della prospettiva di narrazione, che balza veloce da un personaggio all’altro, a volte spiazzando il lettore.
Il romanzo nella sua complessità mi è piaciuto, ma ci sono alcuni elementi che mi hanno lasciata un po' dubbiosa.
La storia a tratti tende a rallentare ed è raccontata con il ricorso a continui flashback tra presente e passato non sempre facili da intuire e da collocare sulla linea del tempo. Le vite di tutti i personaggi coinvolti vengono a poco a poco sviscerate e analizzate, dall’esterno e dall’interno, ma sempre con un unico punto focale, ossia l’attentato. Tutto ruota intorno a un prima e un dopo quel giorno, quel momento, quell’attimo preciso che ha cambiato per sempre la vita di tutti i protagonisti in gioco.



'Lei, la madre, il fratello, erano  diventati tutti e tre satelliti di un uomo assassinato. Lo volessero o no, le loro rispettive vite ruotavano da lunghi anni intorno a quel delitto, a quel fuoco incessante di, di cosa?, cazzo, ma di pena, di dolore, e questa storia deve finire e non so più come.'


Nel complesso, ho trovato questo libro troppo lungo, non tanto per il numero di pagine, ma per i contenuti. Lunghi paragrafi ricchi di particolari forse evitabili e non sempre utili ai fini della storia hanno reso la lettura lenta e, a tratti, un po' noiosa. A dispetto di questo, invece, il finale, che si intuisce già da metà libro, arriva fin troppo veloce, lasciando, per altro, molte cose in sospeso. Avrei preferito più risposte da questo finale.
Potrei dire, libro promosso a pieni voti ma senza lode, come mi sarei aspettata. Resta, comunque, una lettura consigliatissima soprattutto a chi vuole approfondire una pagina triste e controversa della storia spagnola. 
Un best seller internazionale che merita senz'altro un posto nelle librerie di casa nostra.
Buona lettura!



'Però un uomo può essere una nave. Un uomo può essere una nave con lo scafo d'acciaio. Poi passano gli anni e si formano delle incrinature. Di lì passa l'acqua della nostalgia, contaminata di solitudine, e l'acqua della consapevolezza di essersi sbagliato e di non poter rimediare all'errore, e quell'acqua che corrode tanto, quella del pentimento che si sente e non si dice per paura, per vergogna, per non fare brutta figura con i compagni. E così l'uomo, ormai nave incrinata, andrà a picco da un momento all'altro.'




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martedì 26 maggio 2020

Sara Rattaro









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domenica 24 maggio 2020

Ma però


MA PERO’

Orrore! 

Ma però non si scrive! 

Quanti segni rossi sul quaderno delle elementari. 

E lo sguardo indignato della maestra, chi se lo dimentica?



Quante volte ci siamo sentiti dire: ma e però hanno lo stesso significato, sono due congiunzioni avversative, metterle insieme è una ripetizione e quindi un grave errore, proprio come ‘a me mi’.

Ebbene, udite udite, le cose sono cambiate! 
La grammatica moderna ammette questo matrimonio. 

No, dai! Vuol dire che mi sono beccata tutti quei segni rossi per niente?

La stessa Accademia della Crusca accetta l’incontro delle due congiunzioni, quindi, tenetevi forte...
ma però si può dire e si può anche scrivere.

Ma può sommarsi ad altre congiunzioni avversative o sostitutive con l’effetto di intensificarne il significato. Es: ma però, ma bensì, ma tuttavia, ma anzi.


Curiosità

'[…] cose da levarvi l’allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo.' 
Alessandro Manzoni - I promessi sposi, Cap. XXIII

E se lo scrive lui...




Fonti: Pubblicazioni di Elisabetta Perini - Pubblicazioni di Laila Cresta - Vocabolari della lingua italiana - Wikipedia - grammaticaitaliana.eu - Articoli vari. 


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giovedì 21 maggio 2020

I misteri di Borgoladro di Filippo Semplici

I misteri di Borgoladro
I MISTERI DI BORGOLADRO
Filippo Semplici

Una tranquilla vacanza sta per trasformarsi in un vero e proprio incubo


Editore: Newton Compton (20 febbraio 2020)
Collana: Nuova Narrativa Newton
Genere: Thriller, Horror
N° pagine: 288


Quando Orlando parte per un viaggio in Toscana insieme a Elise, la sua compagna, ha tanti propositi per passare dei giorni all'insegna del divertimento: non vede l'ora di dedicarsi al buon vino, al cibo genuino e all'esplorazione di luoghi fuori dalle rotte turistiche consuete. Ma sulla strada, durante una sosta nel piccolo paese di Borgoladro, l'allegria lascia spazio al sospetto. Nel piccolo insediamento di case arroccato sulle colline e abitato da vecchi pensionati si respira un'atmosfera sinistra. Difficile capirne la ragione: ma a un certo punto è chiaro che Orlando ed Elise non sono ospiti graditi e ben presto la vacanza rilassante tanto agognata si trasforma in un incubo da cui sembra impossibile svegliarsi...


La mia opinione

Ho appena finito di leggere questo libro e… ho bisogno di un attimo per riprendermi.
Non sono solita leggere questo genere di romanzi, di solito le mie letture sono più rilassanti. In questo caso, invece, sono stata dominata da ansia e inquietudine fin dalle prime righe.
L’ho letto in due giorni, tutto d’un fiato. Dovevo assolutamente sapere che razza di posto assurdo fosse Borgoladro. 
Il libro è scorrevole, ben scritto e i personaggi sono delineati molto bene, sono realistici pur nell’assurdità della situazione; gli abitanti di questo borgo sperduto, inquietanti nella loro apparente normalità, sembra veramente di vederli uno ad uno.
Le emozioni dei due protagonisti, in particolare di Orlando, la rabbia, la paura, lo smarrimento e, infine, la smania di vendetta sono realmente percepiti dal lettore.

'Sì, avrebbe assaporato il calice del suo veleno, avrebbe gustato il veleno della vendetta fino in fondo. [...] La potenza di quel pensiero sembrò risvegliarlo dalla ragnatela di idee in cui era rimasto imprigionato.'

Alcune scene sono davvero crude e brutali, tanto da avermi lasciata senza fiato. 
Com’è possibile che in quel paesino sperduto della Toscana succeda… bè, tutto ciò che succede, non posso certo spoilerare! Ma questo mistero è proprio ciò che cattura il lettore per accompagnarlo verso l’impossibile, l’impensabile, l’inimmaginabile.
Insomma, un libro da leggere tutto d’un fiato fino all’ultima riga, e anche oltre, per una riflessione che ci porta poi non così distante dalla realtà.
Il lato oscuro di Filippo Semplici esplode in tutta la sua brutale effervescenza. Bravo!
Immergetevi in questa lettura e visitate Borgoladro, se ne avete il coraggio…


Estratto

'Per la prima volta Orlando capì cosa significava sentire la rabbia scorrere dentro come un veleno amaro, le mani formicolare, il cuore pulsare in quel modo.
Era sempre stato un ragazzo docile, con la testa sulle spalle, che preferiva il dialogo allo scontro, e non per mancanza di coraggio o prestanza. Era convinto che la ragione e l'intelletto fossero tutto ciò che distingueva l'uomo dall'animale. Che senso aveva possederli e non farne uso? Perché comportarsi come barbari quando una frase era in grado di salvare il mondo? Quanti conflitti erano stati evitati grazie al dialogo e al confronto? [...]
L'uomo era un animale soggetto a leggi interiori molto complesse, che spesso fuggivano al controllo della ragione, ed era in quei momenti che tornava ad assomigliare a una bestia, guidata solo dall'istinto. Lui aveva sempre ritenuto la ragione superiore a ogni altra cosa, capace di domare l'istinto anche una volta liberato. Oggi, per la prima volta, faceva i conti con la parte di sé che ignorava, che credeva di saper controllare, che temeva un giorno di veder emergere e dover affrontare.
Che gli piacesse o no, quell'emozione gli stava regalando una forte sensazione che lo scuoteva dalla nuca fino all'inguine. E nemmeno l'aveva sentita arrivare.'



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sabato 16 maggio 2020

Alba de Cèspedes






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giovedì 14 maggio 2020

Qual è o qual'è?

QUAL È O QUAL’È?

Qual è va sempre scritto senza apostrofo, indipendentemente dal fatto che il nome a cui si riferisce sia maschile o femminile. 
Es: Qual è la donna di cui mi parlavi? 
      Qual è il momento giusto?


In grammatica qual è la regola generale che ci permette di capire se dobbiamo usare l’apostrofo oppure no? Innanzi tutto va fatta una distinzione tra troncamento ed elisione.


Il TRONCAMENTO è la caduta della vocale atona o dell’intera sillaba finale di una parola.
La parola troncata può stare anche davanti a una parola che inizia per una consonante e non richiede l’apostrofo.

Andare à andar per i campi
Quale à qual buon vento / qual è
Bello à un bel tipo
Buono à qual buon vento
Grande à ha un gran cuore
Professore, Signore, Dottore à Professor Rossi, Signor Rossi, Dottor Rossi


L’ELISIONE è la caduta della vocale finale non accentata di una parola di fronte alla vocale iniziale della parola seguente. In caso di elisione la parola che ha perso la vocale finale non potrebbe stare davanti a una parola che inizia per una consonante; in tal caso richiede sempre l’apostrofo.

Lo amico à l’amico
Una amica à un’amica
Come era à com’era


Nonostante il massiccio utilizzo di qual è con l’apostrofo, non solo nello scritto informale, ma anche sulla carta stampata, l’Accademia della Crusca ritiene di non modificare la regola e consigliano di continuare a rispettarla.



Fonti: Pubblicazioni di Elisabetta Perini - Pubblicazioni di Laila Cresta - Vocabolari della lingua italiana - Wikipedia - grammaticaitaliana.eu - Articoli vari.


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martedì 12 maggio 2020

La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante

LA VITA BUGIARDA DEGLI ADULTI
Elena Ferrante

Crescere per diventare cosa?
Il nuovo romanzo di una scrittrice amata in tutto il mondo.


Editore: E/O (novembre 2019)
Collana: Dal mondo
Genere: Narrativa Italiana
N° pagine: 336


Il bel viso della bambina Giovanna si è trasformato, sta diventando quello di una brutta malvagia adolescente. Ma le cose stanno proprio così? E in quale specchio bisogna guardare per ritrovarsi e salvarsi? La ricerca di un nuovo volto, dopo quello felice dell’infanzia, oscilla tra due Napoli consanguinee che però si temono e si detestano: la Napoli di sopra, che s’è attribuita una maschera fine, e quella di sotto, che si finge smodata, triviale. Giovanna oscilla tra alto e basso, ora precipitando ora inerpicandosi, disorientata dal fatto che, su o giù, la città pare senza risposta e senza scampo.

La mia opinione

Farò la voce fuori dal coro, ma a me questo libro ha deluso e non poco.
L’ho comprato per l’autrice (autore?) e per il posto in classifica. Le mie aspettative erano elevatissime, ma dell’autrice geniale ho trovato ben poco, tanto da farmi sollevare il dubbio che a scriverlo sia stata proprio lei.
Dopo trenta pagine ero già stanca di leggere, non vedevo l’ora di finirlo; ho continuato non tanto spinta dalla curiosità della storia (al contrario la trama non incuriosisce affatto), ma perché tutte le storie meritano di essere lette fino alla fine, dove spesso trovano il loro riscatto. In questo libro il riscatto non arriva mai, men che meno nel finale. È proprio qui che la speranza si trasforma definitivamente in delusione.
I personaggi, compresa la protagonista adolescente in crisi, sono schizofreniche anime rinchiuse in un mondo fetido e forzatamente disgustoso, che cercano, senza riuscirci, un riscatto sullo sfondo di due Napoli contrapposte: quella borghese, bugiarda e laureata, e quella dei quartieri bassi, schietta e laida.
È sicuramente un libro ben scritto, da una delle scrittrici più quotate del panorama letterario italiano, ma la lettura è noiosa e senza passione alcuna. Posso salvare brevi passaggi e alcune descrizioni ben strutturate e scritte davvero bene.
Nel complesso sarà un libro che dimenticherò presto. A mio parere il primo posto in classifica è del tutto immeritato.


'Ho amato mio padre, era un uomo sempre gentile. Aveva modi fini del tutto coerenti con un corpo esile al punto che gli abiti sembravano di una misura in più, cosa che ai miei occhi gli dava un'aria di inimitabile eleganza. Il suo viso era di lineamenti delicati e niente - gli occhi profondi dalle lunghe ciglia, il naso di un'ingegneria impeccabile, le labbra rigonfie - ne guastava l'armonia. Mi si rivolgeva in ogni occasione con un piglio allegro, qualunque fosse il suo umore o il mio, e non si chiudeva nello studio - studiava sempre - se non mi strappava almeno un sorriso. Gli davano gioia soprattutto i miei capelli, ma mi è difficile dire, adesso, quando cominciò a lodarmeli, forse già quando avevo due o tre anni.'

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venerdì 8 maggio 2020

Samuel Beckett












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martedì 5 maggio 2020

Affatto


AFFATTO

Si tratta di una parola ‘in movimento’ che, con il tempo, sta mutando il suo significato principale per assumerne uno del tutto diverso.



Nel vocabolario, affatto è un avverbio che significa:

  •         Del tutto, assolutamente. Es: abbiamo idee affatto diverse.
  •          In frasi negative rafforza la negazione. Es: non mi piace affatto.
  •         Ha acquistato il significato di ‘no’, ‘per niente’. Es: Sei stanco? Affatto!

In origine, affatto è un avverbio di quantità, che, al pari di più, molto, appena, poco, ecc, indica una quantità indefinita, imprecisata. Trattasi, quindi, di un valore affermativo che significa ‘totalmente’, ‘completamente’, ‘del tutto’.

Nel tempo, invece, il significato di affatto è mutato come rafforzativo della negazione, assumendo il significato di ‘per niente’, ‘in nessun modo’.
Es: Non sei affatto divertente! Il capo oggi non è stato affatto gentile.


Istruzioni per l’uso

Nel linguaggio parlato possiamo usare affatto da solo, come esclamazione.
Es: Hai freddo? Affatto!
      Ti sei stancato? Affatto!

Nel linguaggio scritto sarebbe opportuno usarlo sempre insieme a un avverbio (non) o a un pronome negativo (niente).
Es: Hai sonno? Non ho affatto sonno.
      Ti dispiace se leggo il tuo giornale? Niente affatto.




Fonti: Pubblicazioni di Elisabetta Perini - Pubblicazioni di Laila Cresta - Vocabolari della lingua italiana - Wikipedia - grammaticaitaliana.eu - Articoli vari. 

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sabato 2 maggio 2020

Nunzia Caricchio

E con chi potevo iniziare la mia rubrica, Autori famosi e non..., se non dalla mia compagna di avventura, nonché amica carissima Nunzia Caricchio?
Per me è un onore e un piacere presentarvela: è una scrittrice straordinaria, io la definisco una macchina da guerra della scrittura, ed è una collega con cui ho condiviso giornate e nottate intense, ma soprattutto un'amica anche se a distanza. Ci siamo conosciute a un corso di scrittura nel 2018 e on-line abbiamo dato vita al nostro romanzo L'ammazzafavole senza mai incontrarci di persona. Ancora oggi stiamo aspettando quel momento, che spero arrivi presto. Non vedo l'ora!

Mi chiamo Nunzia Caricchio e sono nata a Napoli nel Novembre del 1991. Figlia di uno dei quartieri più antichi, il Rione Sanità, sono diventata donna quando il tempo delle bambole non era ancora finito. Ho conseguito il Diploma in Beni Culturali al Liceo Artistico Santissimi Apostoli di Napoli, per poi proseguire nel mondo del lavoro come orlatrice di scarpe, borse e portafogli; mestiere artigianale imparato già dall’età di dodici anni.
Ho scoperto la lettura a cinque anni, grazie a mia sorella maggiore; la scrittura, invece, è un dono che mi ha fatto prima il mio fratellino, poi il dolore. Sarebbe inutile dirvi quando ho ricevuto questo regalo, perché credo che in certi casi l’età anagrafica conti ben poco. Ciò che ottiene credito è quello che maturi dentro.
Ho iniziato a scrivere quando ho imparato a conoscere il dolore.
Avido, ti si aggrappa alla pelle, scorticandola. Penetra fin dentro le viscere.
Non sapevo come fare per rimarginare le ferite. E, allora, ho iniziato a scrivere, scrivere, scrivere. La penna era l’ago; le parole il cotone.
Anno dopo anno, alcune si sono rimarginate; altre sono rimaste crepe nella carne.


Nel settembre del 2018 ho frequentato un corso di scrittura creativa diretto da Franco Forte, alla fine del quale ho visto la pubblicazione del mio primo romanzo “L’Ammazzafavole”, scritto a quattro mani con Sara Ossi. Pubblicazione che mi ha permesso di vincere il Premio Letterario Internazionale Virgilio in Antica Atella, e di ricevere una Menzione d’Onore al Premio Letterario Residenze Gregoriane 2019.

A seguire, ho frequentato corsi di Editoria, di Ufficio Stampa e Copywriting, grazie ai quali ho ampliato le mie competenze; ed è per questo che mi piace definirmi "Multitasking di scrittura”.
Grazie a tali corsi e a diverse esperienze, oggi posso offrire anche servizi editoriali.
Nel mese di Marzo 2020, il racconto “Sono Mia” è stato selezionato per la pubblicazione nell’antologia, edita da Historica Edizioni, premio della IV edizione del Concorso Letterario ‘Racconti Campani’.
E non è l’unico racconto. Vi sono altri testi, di carattere psicologico e sociale, scelti per diverse Antologie.
Ho collaborato con alcune riviste e testate giornalistiche.

Come sono arrivata a tutto questo? Semplice: ho lottato. Mi dicevano che non potevo. Io, testarda, l’ho detto e l’ho fatto.
Oggi, la mia pelle brucia ancora di cicatrici. Domani, ne nasceranno nuove. Ma non mi importa. Ho imparato a convivere con il dolore: la scrittura mi permette di renderlo sopportabile. Io scrivo per rinascere.

Non è un caso che io scriva di temi delicati, sociali, trattanti la violenza di genere e in particolare quella sulle donne, sia fisica che psicologica. Alle spalle mi trascino la mia esperienza di donna calpestata, rinchiusa.
Ho dato vita a un brand: Sono mia. A esso segue uno slogan: Siamo donne. Siamo nostre. Non oggetti da possedere. Presto tale brand prenderà maggiore forma e consistenza. Nessuno mi potrà togliere la penna dalla mano. Io sono ciò che scrivo.

Dove contattarmi

Indirizzo email: nunzia.caricchio@gmail.com
Instagram: nunziacaricchio
Pagina Facebook: Nunzia Caricchio Scrittrice

Qualcosa scritto da me

Lisa era nervosa.
Continuava a tormentarsi il cerchietto oro all’anulare sinistro, mentre gli incisivi affondavano nel labbro.
La sua gola, terreno assetato, le sbarrava il respiro.
Il cielo iniziava a imbrunirsi poco a poco.
Lisa guardò l’orologio, poi la rampa di scale a dieci passi da dove era nascosta.
Erano passati solo cinque minuti dal messaggio, e ne restavano... quanti al loro incontro?
Si accasciò, chiudendosi nel torrione dei suoi arti. Un turbinio di emozioni e pensieri iniziò a vorticarle in testa. Scosse il capo nel tentativo di placarlo.
Niente.
Uno scalpiccio quasi silenzioso la mise in allerta; il cuore calciava il petto, e il respiro iniziò a galoppare, sempre più veloce.
Si alzò, e chiuse gli occhi.
Le narici riconobbero il profumo di vaniglia misto a muschio bianco e Lisa aprì di scatto gli occhi nel percepire il calore delle mani di Giovanni che ospitavano le sue.
Lisa incontrò lo sguardo del suo amante, e sorrise di un sorriso sollevato.
Volle restare in quegli occhi scuri ancora qualche battito di ciglia. Poi, li lasciò.
- Devi andartene. Lui sarà qui a momenti!
- Non ho paura - rispose Giovanni, spingendola contro il muro.
Un fremito le balenò nell’animo.
Lisa si abbandonò alle labbra di Giovanni, che le timbravano il collo e la bocca e il viso e ancora il collo.
Un silenzio proibito permeava l’aria di quel pianerottolo all’ultimo piano, illuminato solo dai neon fuori le porte.
Un silenzio lacerato, senza preavviso, dalle porte dell’ascensore che si aprivano.


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