COCOMERO O ANGURIA?
Ecco un classico esempio di quanto sia variegato (e meraviglioso!) il panorama lessicale italiano, influenzato da molteplici, e a volte bizzarre, varianti regionali e dialettali.
Una delle due parole vi sarà senz’altro più familiare, dipende dalla zona geografica in cui vi trovate. Infatti al Nord si dice anguria, in Toscana e al Centro si dice cocomero, infine, al Sud si dice melone d’acqua.
Quindi, per rispondere alla domanda del titolo, sono corrette entrambe le forme, con un’unica differenza, quella geografica.
Curiosità storica
Anguria
è una parola di origine greca, infatti deriva da angoùria, ossia cetriolo,
termine approdato a Ravenna con la dominazione bizantina intorno al VI secolo
d.C., e diffusosi poi a tutta l’Italia settentrionale.
Cocomero
deriva dalla parola latina cucumere(m), cetriolo, e con lo stesso
significato, lo si ritrova nel francese concombre e nell’inglese cucumber.
È curioso come anche l'inglese watermelon e il tedesco Wassermelone, che significano cocomero, siano entrambi formati da due parole, acqua e melone, ossia melone d'acqua, proprio come in Sicilia!
Anguria e cocomero sono geosinomini, ossia parole diverse che esprimono lo stesso significato, cioè si riferiscono allo stesso oggetto o allo stesso concetto, ma sono diffusi in zone d’Italia diverse e ben distinte. Ogni geosinonimo copre una precisa area geografica, dove viene comunemente usato nella lingua parlata di ciascuno di noi.
Gli esempi di geosinonimi sono numerosissimi…
Il più classico è senza dubbio l’espressione che gli studenti di tutta Italia utilizzano per indicare l’azione di marinare la scuola: inizio con la mia Ferrara, dove si dice fare fuoco, a Milano si dice bigiare, bucare a Torino, ma ancora, fare forca a Firenze, fare sega a Roma, fare filone a Palermo, far vela in Sardegna.
Un altro geosinonimo è riferito alla parola lavandino, così chiamato da tutti i settentrionali, mentre per i meridionali è lavapiatti. I Toscani fanno la distinzione tra acquaio per indicare il lavello della cucina e lavandino solo per quello del bagno.
Ancora, potremmo parlare di ciò che usano gli italiani per appendere gli abiti dentro gli armadi: al settentrione si chiamano ometti oppure appendiabiti, in Toscana si usano le grucce, mentre al Centro-Sud le stampelle o le croci.
Mi viene in mente un altro
esempio che ricorre in tempo di Carnevale, quando gli italiani mangiano il tipico
dolce friabile e ricoperto di zucchero a velo, che a Ferrara chiamiamo crostoli,
a Bologna chiamano sfrappole, ma che nelle varie regioni d’Italia assume
il nome di cenci, chiacchiere, bugie, frappe, frappole, frittole, ecc..
Nel panorama regionale i geosinonimi sono davvero un’infinità.
Sono sicura che anche a voi ne verranno in mente tantissimi altri.
A quale avete pensato? Fatemelo sapere che ci divertiamo un po’!
Curiosità
Ci
sono anche alcuni geosinonimi che, nel tempo, tendono a cadere in disuso, cedendo
il passo alla forma standard più accreditata. È il caso, per esempio, della
parola idraulico, ora diffusa in tutta l’Italia in maniera
uniforme, ma che fino a poco tempo fa in Toscana era il trombaio o lattoniere,
nel Lazio lo stagnaro, al Sud il fontaniere.
Anche
cacio e formaggio sono geosinonimi: il primo è diffuso in
Toscana, in Sardegna e nell’Italia centro-meridionale; il secondo, invece, è
tipico della parlata settentrionale, dove la produzione casearia di tipo industriale
si è affermata prima che in altre parti d’Italia. Forse è proprio questo il
motivo per cui la voce settentrionale formaggio si è imposta sulla
parola cacio.
La
stessa sorte è toccata alla parola tapparella, altra voce tipicamente
settentrionale, che ha prevalso su avvolgibile o serranda, più in
uso al Sud; i motivi sono anche in questo caso di tipo socio-economici, in
quanto la maggior parte delle fabbriche di serramenti sono nate al Nord.
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