L’ARTE
SCONOSCIUTA DEL VOLO
Enrico
Fovanna
Editore: Giunti Editore (10.01.2020)
Collana: Scrittori Giunti
Genere: Narrativa
contemporanea
N° pagine: 348
Premosello, Piemonte settentrionale, 1969. È il primo novembre,
vigilia del giorno dei morti, e una scoperta agghiacciante sta per risvegliare
l'orrore in paese, sconvolgendo l'infanzia di Tobia. Su una strada di campagna,
vicino al ruscello, è stato rinvenuto il corpo di un suo compagno di scuola. A
pochi mesi di distanza dal ritrovamento del cadavere di un'altra ragazzina. In
paese si diffonde il terrore: ormai è evidente che per le campagne si aggira un
mostro, un mostro che uccide i bambini. Tobia è afflitto dal senso di colpa e
dalla vergogna, perché con quel ragazzo aveva fatto a botte proprio il giorno
della sua scomparsa, desiderando davvero di liberarsi di lui. Adesso è
difficile tornare alla vita di prima, all'amore innocente ed esaltante per
Carolina, ai giochi spensierati con padre Camillo e con Lupo, il matto del
paese. Soprattutto quando i sospetti dei paesani si concentrano su una persona
molto vicina a Tobia, sulla cui innocenza lui non ha alcun dubbio. Quarant'anni
dopo, Tobia vive a Milano e fa il medico legale. Demotivato dal lavoro e
lasciato dalla moglie per l'impossibilità di avere un figlio, sta vivendo uno
dei momenti più bui della sua vita. Sarà una telefonata di Ettore, il suo
vecchio compagno di scuola, a convincerlo a tornare dopo tanti anni nei luoghi
dell'infanzia, per il funerale di Lupo. E questo inatteso ritorno cambierà la
rilettura del suo passato...
La mia opinione
Quella di Fovanna è una scrittura poetica e ammaliatrice. Questa
storia misteriosa è raccontata attraverso l’ingenuità e la spensieratezza di un
bambino di sette anni, Tobia, che nell’autunno del 1969, vede il suo paese al
centro della cronaca nera a seguito del ritrovamento, nelle campagne
circostanti, dei cadaveri di due bambini coetanei e compagni di scuola. L’episodio
sconvolge il paese e segnerà per sempre la sua infanzia.
‘Io non pensavo mai alla morte.
Avevo
davanti l’eternità. La bellezza dei giorni, effimera come i fiori, e al
contempo infinita.
Un paradosso inconoscibile.
L’idea del declino, del resto,
non abita i bambini. Vivono e basta, come dovrebbe fare chiunque, nel puro struggimento
per l’incanto del mondo e per il privilegio di esserci.’
Dopo quarant’anni Tobia ricorda quei momenti e, in un periodo difficile
della sua vita, si ritrova a voler desiderare di tornare negli stessi luoghi nei
quali aveva giurato di non tornare mai più.
‘Il sottofondo dell’acqua. Le
chiacchiere di qualche uccello, o di due bagnanti lontani.
Il sole sulla pelle.
Sì. Forse l’infanzia è la stagione che precede il Male, la mia lo è stata.
E il
ritorno al paese ha risvegliato un fantasma, il custode dell’inquietudine.’
Non è il classico giallo incalzante, dove si susseguono i colpi di
scena.
Qui, dietro l’apparente semplicità di ricordi raccontati in prima
persona dagli occhi di un bambino, il lettore percepisce tutta la forza delle
emozioni, la potenza dell’inconscio e la profondità della vita, racchiusa nel
ricordo di pomeriggi spensierati, di un amore puro, di sensi di colpa sopiti,
di giochi con i coetanei, di immagini rubate al mondo dei grandi. Il tutto,
all’ombra di un mistero che, seppur drammaticamente feroce, non viene mai
urlato nella narrazione.
Libro davvero molto bello, scrittura semplice, poetica e intensa.
Da non perdere!
'Mentre la maestra parlava di chissà cosa,
rimuginavo sul tragitto da fare in bici e sui punti di riferimento.
Ci sarei andato dopo l'ultima ora di scuola, e da solo.
Al pensiero, provai un po' di paura.
Poi compresi, e il tempo me lo avrebbe confermato,
che tutte le strade che contano passano dalla paura.'
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